Coronavirus: la didattica a distanza vista dai genitori.

aprile 2, 2020 ORAX Attualità Scuola
didattica a distanza

Il 5 marzo 2020 rimarrà una data storica nella vita di molte famiglie. Più di 8 milioni di studenti, a seguito del propagarsi dell’epidemia del Coronavirus in Italia,  hanno repentinamente interrotto il loro tran tran quotidiano e si sono ritrovati a casa. La chiusura delle scuole di ogni ordine e grado è stata una  drastica ma necessaria misura di contenimento per limitare il contagio.

Quello che dapprima è stato vissuto come un periodo di vacanza inaspettata, ha rivelato man mano la dimensione preoccupante dell’emergenza in corso, mostrandone i risvolti epocali.

Nel comparto scuola, primi tra tutti gli insegnanti hanno dovuto velocemente organizzarsi per poter continuare il loro lavoro e non perdere il contatto con i loro studenti. Guidati dalla rassicurazione del Ministro dell’Istruzione Azzolina sulla continuità dell’anno scolastico in corso, genitori e insegnanti sono stati chiamati velocemente ad affrontare insieme la scommessa della “didattica a distanza”, una vera e propria utopia fino a qualche mese fa. I tentativi di digitalizzazione della scuola hanno, pertanto, subìto una brusca accelerata e questo non potrà che essere un bene nel lungo periodo.

didattica a distanza

Ma nel breve periodo, cos’è successo? Analizziamo il caso tipico delle scuole primarie.

Prima settimana: gli insegnanti hanno iniziato ad inviare ai rappresentanti  di classe tramite email o whatsapp i compiti da far svolgere a casa. I rappresentanti hanno inviato le indicazioni sulle chat o su altre piattaforme e i genitori si sono adoperati per far fare i compiti a casa ai propri figli. A parte qualche momento di resistenza da parte dei bambini, che erano entrati inconsciamente nel mood vacanziero, tutto si è svolto abbastanza tranquillamente, come una normale, breve sospensione delle attività scolastiche.

Dalla seconda settimana in poi, la questione diventa più seria. Sotto gli effetti della quarantena e del continuo bombardamento di regole e comportamenti per contrastare l’epidemia, oltre che di decreti, bollettini della protezione civile e immagini luttuose, prende sempre più piede l’idea che il periodo di 15 giorni di sospensione dalle attività didattiche preannunciato, sia solo l’inizio di qualcosa di più duro e non databile.

Inizia la ricerca alla piattaforma più consona per ospitare una vera “didattica a distanza”, fatta di video-lezioni, invio di consegne, correzione dei compiti, schede online, schede da stampare etc.

Da una parte gli insegnanti che riadattano i programmi, li snelliscono e cercano strumenti alternativi di insegnamento, dall’altra i genitori chiamati a riprendere il loro ruolo di educatori, e ad improvvisarsi formatori o semplici controllori, pronti ad imparare l’utilizzo di nuove tecnologie, ad avere a che fare con password, credenziali, app, download, link, schede da stampare, cartucce che finiscono…e la carta ?

Diventano di uso comune parole come: Zoom, Jitsi, Pdf, stanza della chat o room, si ingegnano dentro casa postazioni idonee allo studio e orientamenti alla luce per venir bene inquadrati in video 😉

Ecco una vignetta trovata sul web che ben rappresenta la situazione:

In mezzo a loro, insegnanti e genitori, chi c’è?

Una figura ancora una volta fondamentale: il rappresentante di classe! Ne avevamo parlato in un precedente articolo dal quale è possibile anche scaricare una Guida. Il rappresentante di classe, che prima veniva additato come lo strozzino-raccogli soldi, oggi  è lo spacciatore di compiti in tutti i formati disponibili, pdf su whatsapp, immagini screnshottate dal registro elettronico per chi ancora non sa accedere, link ad approfondimenti, tutorial per seguire le piattaforme.

Se l’insegnante ha come interlocutore il rappresentante di classe (avvezzo o meno alle nuove tecnologie che sia) , il rappresentante di classe ha 20/25 genitori con cui interfacciarsi. Genitori scalpitanti, con il fumo al naso perché tra “smart working”, pulizie di casa, pranzi e cene da masterchef, sono chiamati anche a fare da insegnanti ai loro figli, i quali non li riconoscono come tali e  quindi scappano, si dimenano e si oppongono con forza ai famigerati compiti. O anche genitori che si lamentano per i pochi compiti assegnati (anche se il figlio o la figlia frequenta la prima elementare), per la metodologia utilizzata, per la piattaforma non performante. L’occasione di salire in cattedra, e sentenziare per tanti è sempre troppo ghiotta e la chat, purtroppo, è il mezzo più democratico che esista per dare platea ai più egocentrici. E il rappresentante di classe, anche lui ovviamente genitore, viene chiamato ad arbitrare la partita di “chi è contro” e “chi è a favore”, e ogni sua virgola viene analizzata per capire se non stia sostenendo “sempre le solite persone” oppure si dimostra sufficientemente imparziale.

“Che compito ingrato!” – verrebbe da dire. Ma ai tempi del Coronavirus è così, il rappresentante di classe è quell’anello tra la scuola e gli studenti, è la persona che tramite i feedback reciproci di insegnanti e genitori può fare la differenza e rendere migliore l’esperienza della “didattica a distanza”.

E’ quella persona che, oltre ad impegnarsi come genitore per le necessità ed esigenze dei propri figli, dovrà capire, rappresentare, coinvolgere anche le famiglie che non hanno gli strumenti per star dietro alle nuove opportunità tecnologiche entrate velocemente a sostenere la scuola virtuale. Deve cercare e a volte inventarsi, in collaborazione con le maestre, nuove soluzioni per non lasciare indietro quella parte della classe più fragile preservandone la privacy, ragionando da genitore allargato .

Possiamo dire che il rappresentante di classe è quel genitore che incarna bene il concetto di solidarietà digitale nella scuola, e per questo merita la stima e il sostegno degli altri genitori 😉

Abbiamo voluto descrivere qui come il primo tentativo di approccio alla didattica a distanza abbia sconvolto le abitudini e la vita degli adulti e non dei bambini, i diretti interessati. Lo abbiamo fatto perché è la prima volta che bambini così piccoli sperimentano una forma di insegnamento a distanza esclusiva, che si interfacciano con i loro compagni e maestre solamente attraverso il video di un telefono, di un tablet o di un computer. Questo esperimento dura da troppo poco per poter dire se è un bene o meno, se è una modalità che si può utilizzare come alternativa o ad integrazione delle lezioni in aula. Di sicuro sappiamo che ogni bambino la vive in maniera differente in base al proprio carattere ma anche alla maturità e competenze acquisite. Relazionarsi attraverso un video non è la stessa cosa del vivere i rapporti dal vivo, i tempi di interazione sono diversi e troppo complicati per dei bambini e ciò potrebbe creare dei meccanismi di frustrazione ed inadeguatezza.

Di questo dovremmo tenerne conto sempre noi genitori e gli insegnanti, quando programmiamo per loro, quando sentenziamo sull’adeguatezza o sulla giusta quantità di compiti o videolezioni. Pensiamo a loro e al grande sforzo di adattamento che stanno facendo e di come, bene o male, lo stanno superando. Ed impariamo. Perché ci insegnano a sdrammatizzare, anche in questo momento particolare e a guardare la vita con un sorriso.

 

Segnaliamo un raccoglitore di risorse utili per affrontare la didattica a distanza, progettato dal nostro amico Andrea Millozzi, ecco il link https://www.andreamillozzi.it/risorse-utili?fbclid=IwAR3SIJwLZm8812-S6-ydiSkpI_wFdUV_YAxEPJW1I7y6J2jOmemER1R53cc

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