Fai il bravo.
E’ una delle frasi più gettonate tra i genitori: universale, polivalente, si applica indistintamente a figli di età diverse in contesti diversi. Una tradizione che, passando di generazione in generazione, è diventata un evergreen nell’educazione dei figli.
Ma cosa vuol dire “Fai il bravo”?
Per qualcuno si tratterà di sedersi composto a tavola, di parlare a bassa voce per non disturbare, di fare tutti i compiti o di andare d’accordo con gli amici. Ogni genitore quando pronuncia queste parole ci mette dentro un’immagine di come vorrebbe che il figlio si comportasse in una determinata circostanza.
E allora perché non fornire direttamente l’indicazione che abbiamo in mente?
Dire “Fai il bravo” non dà nessuna informazione al bambino che se lo sente dire. Probabilmente, nel momento in cui glielo diciamo, si chiederà per un attimo “cioè, che devo fare?”, ma poi non trovando risposta a questa sua domanda, andrà avanti senza riferimenti sul suo comportamento e un grande dubbio sulla sua identità: “quindi di solito non sono bravo?”.
Per fortuna i bambini nascono infinitamente ottimisti e con una grande fiducia nelle proprie capacità. Crescendo, hanno bisogno del nostro aiuto per preservare queste caratteristiche e farle sbocciare al meglio.
Un messaggio poco chiaro come “Fai il bravo” verrà riempito nel tempo dalle conclusioni che riusciranno a trarre sulle nostre aspettative nei loro confronti attraverso i segnali che, in modo inconsapevole, inviamo loro con le parole, il tono, l’espressione del viso e lo stato d’animo del momento.
Grazie a questi elementi i bambini costruiscono gradualmente un quadro della realtà in cui vivono e un’idea della loro persona. E allora perché non usare questo canale privilegiato di comunicazione con i nostri figli per aiutarli a tirare fuori il meglio di sé ed esprimere tutte le loro potenzialità?
Ma facciamo un passo indietro e cerchiamo di capire perché diciamo “Fai il bravo”.
In quali circostanze ci scappa di bocca senza quasi rendercene conto? E cosa si associa nella nostra mente alla parola “bravo” in quel momento?
Generalmente lo usiamo come una raccomandazione, quando sappiamo che andranno da qualche parte senza di noi e saranno fuori dalla nostra supervisione: a casa di un amico, a scuola, a una festa, a casa dei nonni.
Non saremo lì con loro e, temendo che possano fare qualcosa di “inadeguato”, cerchiamo di mettere a tacere le nostre paure con questa frase, come se fosse l’antidoto assoluto per le “brutte figure”.
Perché in fondo quello che ci preoccupa è che il loro comportamento venga “giudicato come inopportuno” dagli altri adulti che saranno presenti e che sulla base di quel comportamento valuteranno il nostro operato come genitori.
Tutte questo però ha ben poco a che fare con la nostra voglia di tirare fuori il meglio di loro. Mentre diciamo “fai il bravo” abbiamo in mente la situazione in cui crediamo che potranno “scivolare” e sappiamo che, volendo, sono in grado di scegliere per il meglio. Quello che intendiamo fare è ricordargli che quando si troveranno in quella situazione dovranno scegliere se comportarsi in un modo o nell’altro. E allora possiamo andare dritti al punto:
- Alla festa ci saranno i gonfiabili che ti piacciono tanto; ricorda di fare la fila
- Chissà quanti giochi ci saranno a casa del tuo amico; potrete scegliere a turno quali usare
- Forse la nonna ha fatto la torta; sicuramente ve ne darà una fetta dopo cena
Queste indicazioni anticipano una possibile situazione “a rischio” e gli danno un chiaro messaggio sul comportamento da tenere quando ci si troveranno.
In altre circostanze ci capita di dire “Fai il bravo” senza un’idea precisa; infondo lo fanno tutti, da che mondo è mondo, lo hanno detto anche a noi quando eravamo piccoli e “siamo venuti su benissimo”! Ed ecco che “fai il bravo” diventa il sostituto del saluto: invece di dire “ciao amore, divertiti a casa del tuo amico”, dalla nostra bocca esce una frase automatica che alla fine significa ben poco anche per noi.
E allora cogliamo l’occasione per salutare i nostri figli con un messaggio che abbia per noi un senso, che comunichi il nostro affetto, la nostra fiducia nelle loro capacità e il nostro desiderio di vederli felici:
- Divertiti giù in cortile, forse il vicino ha portato il pallone
- Sarai felice di andare alla festa, anche io quando ero piccola mi divertivo un sacco
- Ti voglio bene, ci vediamo dopo
- Buona giornata. Con questo sole, secondo me la maestra vi porta in giardino.
Perché al di là di quello che tutti dicono e di quello che si è sempre detto ci siamo noi stessi e i nostri figli. Possiamo decidere di filtrare le frasi automatiche e scegliere che forma dare al contenuto della nostra comunicazione perché da quello nascerà qualcosa che va ben oltre l’essere bravi, un qualcosa che evolve giorno dopo giorno e punta all’essere se stessi.
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